Zavesca: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Zavesca 100 mg capsule rigide (Miglustat): sicurezza e modo d’azione

Zavesca 100 mg capsule rigide (Miglustat) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

Zavesca è indicato per il trattamento orale della malattia di Gaucher di tipo 1 di pazienti adulti con sintomatologia da lieve a moderata. Zavesca può solo essere utilizzato per il trattamento di pazienti per i quali la terapia di sostituzione enzimatica non è appropriata (vedere paragrafì 4.4 e 5.1).

Zavesca è indicato per il trattamento delle manifestazioni neurologiche progressive in pazienti adulti ed in pazienti in età pediatrica affetti dalla malattia di Niemann-Pick di tipo C (vedere paragrafì 4.4 e 5.1).

Zavesca 100 mg capsule rigide: come funziona?

Ma come funziona Zavesca 100 mg capsule rigide? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Zavesca 100 mg capsule rigide

Categoria farmacoterapeutica: Altri prodotti per il tubo digerente e il metabolismo,codice ATC: A16AX06

Malattia di Gaucher di tipo 1

La malattia di Gaucher è un disturbo metabolico ereditario provocato dall’incapacità di degradare il glucosilceramide risultante in un accumulo lisosomiale di questa sostanza ed in una patologia diffusa. Il miglustat è un inibitore della glucosilceramide sintetasi, l’enzima responsabile della prima fase della sintesi della maggior parte dei glicolipidi. In vitro, la glucosilceramide sintetasi è inibita dal miglustat con una IC50 di 20-37 µM. Inoltre l’azione inibitoria sulla glucosilceramidasi non lisosomiale è stata dimostrata sperimentalmente in vitro. L’azione inibitoria sulla glucosilceramide sintetasi costituisce il razionale della terapia per la riduzione del substrato nella malattia di Gaucher.

Il principale trial relativo a Zavesca è stato condotto su pazienti incapaci o non disposti a sottoporsi alla ERT. Tra i motivi che hanno portato a non eseguire la ERT rientravano l’onere delle infusioni endovenose e le difficoltà di accesso venoso. In questo studio non comparativo della durata di 12 mesi sono stati arruolati 28 pazienti con malattia di Gaucher di tipo 1 da lieve a moderata, 22 dei quali lo hanno portato a termine. Alla conclusione dei 12 mesi previsti, sono state riscontrate una riduzione media del volume del fegato pari al 12,1% e una riduzione media del volume della milza pari al 19,0%. Sono inoltre stati osservati un incremento medio della concentrazione di emoglobina pari a 0,26 g/dl nonché un incremento medio della conta piastrinica pari a 8,29 x 109/l. Diciotto pazienti hanno poi continuato ad assumere Zavesca nell’ambito di un protocollo facoltativo di trattamento esteso. In 13 pazienti sono stati valutati i benefici clinici a distanza di 24 e 36 mesi. Dopo 3 anni di trattamento continuo con Zavesca, le riduzioni medie del volume del fegato e della milza sono risultate rispettivamente pari al 17,5% e al 29,6%. Sono stati riscontrati un incremento medio del 22,2 x 109/l nella conta piastrinica e un incremento medio di 0,95 g/dl nella concentrazione dell’emoglobina.

In un secondo studio controllato in aperto 36 pazienti, che erano stati sottoposti per almeno 2 anni al trattamento con ERT, sono stati randomizzati in 3 gruppi di trattamento: un gruppo avrebbe continuato ad assumere imiglucerasi, un altro avrebbe assunto imiglucerasi in combinazione con Zavesca e l’ultimo sarebbe passato a Zavesca. Questo studio, controllato e randomizzato, è proseguito per un periodo di 6 mesi per continuare nell’estensione di 18 mesi durante i quali tutti i pazienti sono stati sottoposti a monoterapia con Zavesca. Durante i primi 6 mesi nei pazienti che erano passati a Zavesca il volume del fegato e della milza ed il livello di emoglobina sono rimasti invariati. In alcuni pazienti si sono presentate riduzioni della conta piastrinica e incrementi dell’attività della chitotriosidasi, che indicano che la monoterapia a base di Zavesca potrebbe non mantenere lo stesso controllo dell’attività della malattia in tutti i pazienti. 29 pazienti hanno continuato nel periodo di estensione. Se si prendono come termine di paragone le valutazioni a 6 mesi, il controllo della malattia era rimasto invariato anche dopo 18 e 24 mesi di monoterapia con Zavesca (rispettivamente 20 e 6 pazienti). Nessun paziente ha dimostrato un rapido deterioramento della Malattia di Gaucher tipo I a seguito del passaggio alla monoterapia con Zavesca.

Nei 2 studi summenzionati è stata somministrata una dose giornaliera complessiva di Zavesca pari a 300 mg, suddivisa in 3 diverse somministrazioni. Su 18 pazienti è stato condotto un ulteriore studio in monoterapia, in cui è stata somministrata una dose giornaliera complessiva di 150 mg dai risultati indicano una ridotta efficacia rispetto ad una dose giornaliera complessiva di 300 mg.

In uno studio open-label, non comparativo, di 2 anni sono stati arruolati 42 pazienti con Malattia di Gaucher di tipo I che hanno ricevuto per almeno 3 anni l’ERT e che rispettavano pienamente il criterio di stabilità della malattia per almeno 2 anni. I suddetti pazienti erano passati alla monoterapia con miglustat 100 mg tre volte al giorno. Il volume del fegato (variabile primaria di efficacia) è rimasto invariato dal basale alla fine del trattamento. Sei pazienti hanno sospeso prematuramente il trattamento con miglustat a causa di un potenziale peggioramento della malattia, come definito dallo studio. Tredici pazienti hanno sospeso il trattamento per un evento avverso. Modeste riduzioni medie della concentrazione dell’emoglobina [-0,95 g/dL (95% CI: -1,38, -0,53)] e della conta piastrinica [- 44,1 x 109/L (95%CI: -57,6, -30,7)] sono state osservate tra il basale e la fine dello studio. Ventuno pazienti hanno portato a termine i 24 mesi di trattamento con il miglustat. Di questi, 18 pazienti al basale erano entro gli obiettivi terapeutici prestabiliti per quanto riguardava il volume epatico e splenico, i livelli di emoglobina e la conta piastrinica, e sedici pazienti sono rimasti entro tutti questi parametri obiettivi terapeutici a 24 mesi.

Le manifestazioni ossee della Malattia di Gaucher tipo I sono state valutate in 3 studi clinici in aperto; tali studi sono stati condotti su pazienti trattati con miglustat 100 mg t.i.d. per periodi di tempo fino a due anni (n=72). In un’analisi su dati non controllati raggruppati, la densità minerale ossea Z-score a livello lombare spinale e a livelllo del collo femorale, è risultata aumentata di più di 0,1 unità rispetto all’inizio studio in 27 (57%) e 28 (65%) pazienti su cui erano state effettuate misurazioni longitudinali della densità ossea. Durante il periodo di trattamento non ci sono stati eventi quali: crisi ossea, necrosi avascolare o frattura.

Malattia di Niemann Pick di tipo C

La malattia di Niemann Pick di tipo C è un disordine neurodegenerativo molto raro, invariabilmente progressivo e fatale caratterizzato da un alterata veicolazione intracellulare dei lipidi. Le manifestazioni neurologiche sono considerate secondarie all’accumulo anormale di glicosfingolipidi nelle cellule nervose e gliali.

I dati per supportare sicurezza ed efficacia di Zavesca nella malattia di Niemann Pick di tipo C provengono sia da uno studio clinico prospettico in aperto che da una raccolta di dati clinici retrospettiva. Lo studio clinico ha arruolato 29 pazienti in età adulta e giovanile, ad un periodo di controllo di 12 mesi è seguito un periodo di terapia prolungata fino a 5.6 anni con una durata media totale di 3.9 anni. In un sotto-studio non controllato sono stati arruolati 12 pazienti in età pediatrica per una durata del trattamento fino a 4,4 anni e come media complessiva 3.1 anni. Tra i 41 pazienti arruolati nello studio 14 pazienti sono stati trattati con Zavesca per più di 3 anni. La raccolta di dati clinici retrospettiva ha valutato una serie di casi di 66 pazienti trattati con Zavesca per una durata media di 1,5 anni, tali pazienti erano fuori dallo studio clinico. Studio clinico e raccolta retrospettiva hanno compreso entrambi set di dati di pazienti in età pediatrica, adolescenti e adulti con un range di età da un anno a 43 anni. La dose usuale di Zavesca nei pazienti adulti era di 200 mg 3 volte al giorno, e nei pazienti pediatrici è stata aggiustata secondo l’area della superficie corporea.

Complessivamente i dati mostrano che il trattamento con Zavesca può ridurre la progressione dei sintomi neurologici clinicamente rilevanti in pazienti con la malattia di Neimann pick di tipo C. Il beneficio del trattamento con Zavesca per le manifestazioni neurologiche in pazienti con malattia di Niemann Pick di tipo C deve essere valutato su base regolare, per esempio ogni 6 mesi; la continuazione della terapia deve essere rivalutata dopo almeno 1 anno di trattamento con Zavesca (vedere paragrafo 4.4.)


Zavesca 100 mg capsule rigide: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Zavesca 100 mg capsule rigide, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Zavesca 100 mg capsule rigide

I parametri farmacocinetici di miglustat sono stati esaminati su volontari sani, in un esiguo campione di pazienti affetti dalla malattia di Gaucher di tipo 1, nella malattia di Fabry in pazienti affetti da HIV e in adulti adolescenti e bambini con malattia di Neimann-Pick di tipo C o malattia di Gaucher

di tipo 3.

La cinetica di miglustat appare lineare rispetto alla dose e non dipendente dal tempo.

Nei volontari sani miglustat viene assorbito velocemente. Le concentrazioni massime nel plasma si raggiungono dopo circa 2 ore dalla somministrazione. Non è stata determinata la biodisponibilità assoluta. La somministrazione concomitante di cibo riduce il tasso di assorbimento (riduzione di Cmax del 36% e ritardo di tmax di 2 ore), ma non presenta alcun effetto statisticamente significativo sul grado di assorbimento di miglustat (riduzione dell’AUC del 14%).

Il volume apparente di distribuzione di miglustat è di 83 l. Miglustat non si lega alle proteine del plasma. Il miglustat è eliminato principalmente attraverso l’escrezione renale, con una raccolta nelle urine di farmaco immodificato pari al 70-80% della dose. La clearance orale apparente (CL/F) è di 230 ± 39 ml/min., mentre l’emivita media è di 6-7 ore.

A seguito della somministrazione di una dose singola di 100 mg di 14C-miglustat a volontari sani l’83% della radioattività è stata raccolta nelle urine e il 12% nelle feci. Molti metaboliti sono stati identificati nelle urine e nelle feci. Il metabolita più abbondante nelle urine è stato il miglustat glucoronato in quantità pari al 50% della dose. La emivita terminale della radioattività nel plasma è stata di 150 ore e ciò ha suggerito la presenza di uno o più metaboliti con una emivita molto lunga. Il metabolita responsabile di ciò non è stato identificato ma potrebbe accumularsi e raggiungere concentrazioni superiori a quelle del miglustat allo steady state.

Se vengono presi come paragone i volontari sani, la farmacocinetica del miglustat è simile in pazienti adulti affetti dalla malattia di Gaucher di tipo 1 e in pazienti affetti dalla malattia di Niemann-Pick di tipo C.

Popolazione pediatrica

Dati farmacocinetici sono stati ottenuti in pazienti affetti dalla malattia di Gaucher di tipo 3 con età comprese tra i 3 e i 15 anni e in pazienti affetti dalla malattia di Niemann-Pick di tipo C con età comprese tra i 5 e i 16 anni. Al dosaggio nei bambini di 200 mg tre volte al giorno modificato sulla base della superficie corporea sono conseguite una Cmax e una AUC che erano approssimativamente due volte quelle ottenute dopo 100 mg tre volte al giorno somministrati ai pazienti affetti dalla malattia di Gaucher di tipo 1, ciò è consistente con la farmacocinetica lineare del miglustat. Allo steady state la concentrazione del miglustat nel fluido cerebrospinale di 6 pazienti affetti dalla malattia di Gaucher di tipo 3 è stata del 31,4-67,2% di quella del plasma.

Le scarse informazioni disponibili sui pazienti affetti dalla malattia di Fabry e con funzione renale compromessa hanno evidenziato che la CL/F diminuisce al diminuire della funzionalità renale.

Sebbene il numero di soggetti con compromissione renale lieve e moderata sia stato esiguo, i dati indicano una diminuzione approssimativa nella CL/F del 40% e del 60%, rispettivamente in soggetti con compromissione renale lieve e moderata (vedere paragrafo 4.2). I dati relativi ad una compromissione renale grave sono limitati a 2 pazienti con clearance della creatinina compresa tra 18-29 ml/min e non possono essere estrapolati al di sotto di questo range. Questi dati indicano una diminuzione nella CL/F di almeno il 70% nei pazienti affetti da grave compromissione renale.

Nell’intera gamma di dati disponibili, non sono state riscontrate relazioni o tendenze significative tra i parametri farmacocinetici di miglustat e le variabili demografiche (età, indice di massa corporea, sesso o razza).

Non sono disponibili dati farmacocinetici relativi a pazienti con compromissione epatica o anziani (> 70 anni).


Zavesca 100 mg capsule rigide: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Zavesca 100 mg capsule rigide agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Zavesca 100 mg capsule rigide è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Zavesca 100 mg capsule rigide: dati sulla sicurezza

I principali effetti riscontrati in tutte le specie sono stati perdita ponderale e diarrea e, a dosaggi più elevati, danni alla mucosa gastrointestinale (erosioni e ulcerazione). Inoltre, negli animali, a dosaggi che comportano livelli di esposizione simili o lievemente superiori al livello di esposizione clinica sono stati riscontrati i seguenti effetti: cambiamenti a livello degli organi linfoidi in tutte le specie testate, variazioni delle transaminasi, vacuolizzazione della tiroide e del pancreas, cataratte, nefropatia e alterazioni miocardiche nei ratti. Questi risultati sono stati ritenuti conseguenti alla debilitazione.

La somministrazione, orale e forzata, di miglustat a ratti Sprague-Dawley, sia di sesso maschile che femminile, per 2 anni a dosaggi di 30, 60 e 180 mg/kg/giorno, è risultata in un aumento dell’incidenza dell’iperplasia delle cellule interstiziali testicolari (cellule di Leydig) e di adenomi nei ratti maschi a tutti i livelli di dosaggio. L’esposizione sistemica alla dose più bassa è stata inferiore o paragonabile all’esposizione sistemica dell’uomo in trattamento alle dosi raccomandate (in base alla AUC 0-

?). Non è stato stabilito un Livello di Non Osservazione dell’Effetto (NOEL) e l’effetto non è stato dose dipendente. Non c’è stato aumento, correlato al farmaco, nella incidenza di tumori nei ratti maschi e femmine in altri organi. Studi approfonditi hanno rivelato un meccanismo specifico del ratto che è considerato di bassa rilevanza per gli umani.

La somministrazione, orale e forzata, del miglustat a topi CD1 sia di sesso maschile che femminile per 2 anni a livelli di dose di 210, 420 e 840/500 mg/kg/giorno (riduzione della dose dopo sei mesi), ha avuto come conseguenza un aumento nell’incidenza di fenomeni infiammatori e lesioni iperplastiche dell’intestino crasso di animali di entrambi i sessi. In base alla somministrazione calcolata in mg/kg/giorno corretta per le differenze nell’escrezione fecale, le dosi corrispondevano a 8, 16 e 33/19volte la più alta dose raccomandata per l’uso umano (200 mg tre volte al giorno). Carcinomi dell’intestino crasso si sono verificati occasionalmente a tutti i dosaggi, l’aumento è stato

statisticamente significativo nel gruppo trattato ad alte dosi. L’importanza di questi reperti per l’uomo non può essere esclusa. Non c’è stato alcun aumento correlato al farmaco nell’incidenza di tumori in altri organi. Il miglustat non ha dimostrato alcun potenziale per effetti mutagenici o clastogenici nella batteria standard dei test di genotossicità.

Studi di tossicità ripetuta sui ratti hanno messo in evidenza effetti sull’epitelio seminifero dei testicoli. Altri studi hanno rilevato alterazioni dei parametri spermatici (motilità e morfologia) coerenti con una confermata riduzione della fertilità. Questi effetti si sono verificati a livelli di esposizione analoghi a quelli dei pazienti, ma sono risultati reversibili. Nei ratti e nei conigli il miglustat ha compromesso la sopravvivenza embrio-fetale, vi sono stati casi di distocia, sono aumentate le perdite post-impianto e nei conigli si è riscontrata una maggiore incidenza delle anomalie vascolari. Questi effetti possono essere in parte correlati a tossicità materna.

Nel corso di uno studio di un anno, nei ratti di sesso femminile sono state osservate alterazioni della lattazione. Il meccanismo di questo effetto è sconosciuto.


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Zavesca 100 mg capsule rigide: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Zavesca 100 mg capsule rigide

Zavesca 100 mg capsule rigide: interazioni

I pochi dati disponibili indicano che la somministrazione concomitante di Zavesca con la sostituzione enzimatica con imiglucerasi nei pazienti affetti dalla malattia di Gaucher di tipo 1 può determinare una riduzione dell’esposizione al miglustat (in un piccolo studio a gruppi paralleli è stata osservata una riduzione di circa il 22% nella Cmax e 14% nell’AUC). Questo studio ha indicato inoltre che Zavesca non ha alcun effetto o solo un effetto limitato sulla farmacocinetica dell’imiglucerasi.


Zavesca 100 mg capsule rigide: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Zavesca 100 mg capsule rigide: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

Zavesca altera in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari. Sono stati tuttavia riportati capogiri come reazione avversa comune e i pazienti che soffrono di capogiri devono pertanto astenersi dal guidare veicoli e dal fare uso di macchinari.

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco